In questa intervista l’Ing. Giuseppe Gioia mette a fuoco, dati alla mano, quanto nella riqualificazione energetica dei centri urbani l’intervento sugli edifici sia fondamentale per ridurre l’impatto ambientale.
I messaggi allarmanti sui cambiamenti climatici, sull’atmosfera sempre più inquinata e sul limite delle risorse ambientali sono sempre più frequenti. Non solo allarmismi, ma situazioni drammatiche, ampiamente dimostrate da rilevamenti e analisi scientifiche, che richiedono azioni governate da politiche comunitarie urgenti e cambiamenti drastici nel nostro modo di vivere.
Ma come si fa a modificare un atteggiamento culturale tendenzialmente poco incline ai cambiamenti? Come si fa ad attuare un programma strategico condiviso e quali sono gli strumenti per realizzare un sistema sostenibile in grado di rappresentare un modello esemplare per le nostre generazioni future?
Ne abbiamo parlato con l’Ing. Giuseppe Gioia che per Rete IRENE ha realizzato il “Corso in Patologia Edilizia”.
Il contesto territoriale in cui viviamo, con l’analisi delle condizioni di vita, economiche, politiche, sociali e culturali è determinante per fare una valutazione delle strategie di intervento che possono essere adottate. Ing. Gioia, in quale contesto territoriale e ambientale si trova il nostro Paese e nello specifico la Lombardia?
“Quel Cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace” (A. Manzoni, I promessi Sposi).
Questo è il cielo di Lombardia e della pianura padana … e non sono nubi, ma smog che ha una origine ben chiara. Manzoni si stupirebbe di quanto siamo stati stupidi.
Ma partiamo dai dati: l’Italia è uno dei Paesi con la popolazione più anziana del mondo e anche le nostre case lo dimostrano: il 36,6% delle abitazioni del nostro Paese (11,6 milioni di unità immobiliari) ha più di 40 anni, con picchi del 42% in alcune grandi città (dati ricavati da uno studio dell’Ufficio Studi di Immobiliare.it).
Se si considera, invece, come anno di riferimento il 1977 – anno cruciale per l’edilizia perché sono entrate in vigore le prime norme sull’efficienza energetica degli edifici – la percentuale di abitazioni costruite prima di questa data arriva al 58,4%: 18,5 milioni di immobili su tutto il territorio nazionale non sono stati progettati in un’ottica di risparmio energetico.
In un contesto edilizio così vetusto porre la questione della riqualificazione energetica dei centri urbani è sicuramente appropriato: vediamo nel dettaglio alcuni dati significativi.
Recentissimi approfondimenti e ricerche testimoniano che il 97% degli immobili in Italia è in classe energetica inferiore a E quindi assolutamente inefficiente (fonte ricerca Politecnico Milano).
Nella nostra regione, in Lombardia, questa percentuale è leggermente più bassa, intorno al 76% ma gli edifici che possiamo considerare efficienti sono il 7% se consideriamo quelli rientranti in classe B e il 2% se parliamo di quelli rientranti in classe A. Questo sempre in Lombardia, dove il grande problema sono le emissioni in atmosfera e il ripetuto superamento della soglia di particelle nocive in sospensione.
L’ISTAT, poi, ci dà questa immagine dello stato di conservazione del patrimonio edilizio italiano (riferimento censimento 2011):
Ma questi numeri ci danno anche la dimensione della enorme distanza tra la quantità di edifici esistenti, dove il patrimonio edilizio maggiormente diffuso è perlopiù inefficiente energeticamente e strutturalmente, e gli edifici nuovi che, per poter essere realizzati, oggi devono rientrare almeno nella classe energetica A1.
Dal punto di vista delle emissioni, tema molto sentito soprattutto in una regione come la nostra e al di là degli effetti mirabolanti delle scie chimiche, la tabella di seguito mostra la quantità di combustibile fossile che è richiesto per 1 mq di costruito in riferimento a edifici nelle varie classi:
Da questi dati, si evince che intervenire sugli edifici energivori esistenti sia una delle soluzioni strategiche per ridurre significativamente (quasi dimezzare) in modo permanente l’emissione in atmosfera di sostanze inquinanti, ma parliamo di vantaggi esclusivamente ambientali o ce ne sono altri?
Sono molteplici i vantaggi. Già solo in termini economici, l’immagine di seguito evidenzia un notevole fattore di utilità dell’intervento sull’esistente:
Sicuramente l’ideale di miglioramento, di efficientamento, degli edifici è la strada giusta che, seppur lentamente, sta in qualche maniera provando ad indirizzare anche un fattore di tipo culturale: a minori emissioni (almeno dagli edifici per effetto di minori consumi energetici) corrispondono una serie di progressi che vanno dalla qualità dell’aria al valore intrinseco di una costruzione. Partecipano, quindi, al miglioramento della condizioni di vita di tutti rendendo l’ambiente (urbano e non solo) un luogo maggiormente fruibile perché, banalmente, più pulito.
La riqualificazione edilizia del patrimonio immobiliare esistente deve essere vista, quindi, come una grande opportunità: utile per l’ambiente (urbano e non) perché permette sia di migliorare l’aspetto delle nostre vie (introducendo elementi più vicini al momento culturale che viviamo) sia di ridurre il carico di inquinanti in atmosfera; utile per l’economia, quella domestica attraverso i risparmi che possono essere reinvestiti in altre necessarie spese per le famiglie e quella più generale, quella di impresa, che determina sicure ricadute sul territorio. Il tutto in un circolo virtuoso che tende ad autosostentarsi.
Perché il sistema a fronte di tante possibilità incentivanti, di così tanti plus apportati dai possibili interventi di efficientamento, è così lento e la riqualificazione energetica dei centri urbani non decolla? Il problema è forse di natura culturale?
A questo proposito riporto alcune frasi, vissute in prima persona o riferite da colleghi, nel mondo in cui vivo e con cui mi confronto giornalmente.
“Io, il cappotto, a casa mia non lo voglio e non lo faccio, la mia vicina mi ha detto che non funziona e che ci sono un sacco di problemi dopo”…
No perché, prima, problemi non c’erano vero?
“Si, ma io imbianco spesso!”
Ah, allora va tutto bene.
“Costruite male” – sicuramente – “e poi è tutta una roba per farvi guadagnare”
Accidenti all’ipotesi del complotto dietro tutto o prima di tutto…
“E tanto a noi cosa cambia”
Nulla, anzi così non cambierà proprio mai nulla. Altro che il Tomasi di Lampedusa… qui manco la finta fanno. Qui non cambiano neppure l’aria dentro casa e poi si lamentano della muffa!
Perché è proprio in quelle occasioni, quelle di quando mi si chiude la vena e mi smette di affluire l’ossigeno al cervello, che mi tocca di pensare un pochino a quanto culturalmente siamo in ritardo. Spesso, purtroppo, solo per colpa nostra.
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