Sono passati solo pochi giorni dall’annuncio di Ursula Von Der Leyen in merito al tanto, diremmo ormai quasi sognato, Green Deal Europeo, che si fanno già i conti con un palese scollamento critico tra parole e fatti.
Era stata la Presidente della Commissione Europea ad esordire con la dichiarazione “Pronto il Green Deal europeo. Mille miliardi in dieci anni per un’Europa a impatto zero entro il 2050”.
Un piano firmato UE finalizzato a contrastare il cambiamento climatico e a diventare il fil rouge “verde” di tutte le politiche degli stati membri, trasformando l’Unione Europea nel primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, rallentando il riscaldamento globale e attenuandone gli effetti.
Un progetto ambizioso che nella teoria contempla agevolazioni e finanziamenti in favore delle imprese del green e per la riconversione di quelle altamente inquinanti, un supporto finanziario a sostegno degli stati europei che dovranno compiere il passo più grande, un piano di investimenti da circa mille miliardi di euro nei prossimi dieci anni e una condotta strategica nell’ottica della riduzione delle emissioni e della promozione della green economy. 50 cosiddette “azioni per il 2050 che non sono ancora state specificate nel dettaglio, ma che sicuramente – promettono – serviranno per portare ad un reale cambiamento d’azione e di atteggiamento, migliorare la qualità della vita, creare nuovi posti di lavoro e, non ultimo per importanza, salvare il pianeta.
Tante belle, bellissime parole e intenzioni, ma nei fatti come siamo messi oggi?
La triste realtà è che usciamo da una COP25 fallimentare. E non siamo noi a dirlo: fior fior di ambientalisti (da Greenpeace a Legambiente) hanno bocciato i risultati emersi dal tanto atteso incontro di Madrid. I 196 Capi di Stato riunitisi per trovare un accordo sui passi da fare a favore clima e del nostro pianeta hanno dato il “la” agli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l’emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto. Stati come Brasile e Arabia Saudita hanno fatto muro, vendendo accordi sul carbonio e travolgendo scienziati e società civile, non curandosi quindi del focus sul quale era stati istituita e costruita la COP25.
Come ricordato da Greenpeace: “Ad eccezione dei rappresentanti dei Paesi più vulnerabili, i leader politici non hanno mostrato alcun impegno a ridurre le emissioni, chiaramente non comprendendo la minaccia esistenziale della crisi climatica”.
Detto questo, siamo tutti consapevoli che il tempo scorre. Procrastinare non è più possibile se vogliamo davvero salvare il nostro Pianeta e noi stessi. Tutte le belle parole sulla riduzione delle emissioni entro il 2030 in sintonia a quanto stabilito in occasione dell’Accordo di Parigi devono necessariamente diventare fatti e, anzi, dobbiamo andare ben oltre.
“Ci troviamo in una situazione perdurante dove non abbiamo un accordo stabile e preciso sulle emissioni di carbonio. Nel frattempo le emissioni di CO2 continuano a crescere dovute in primis, e ormai lo sappiamo con dati certi alla mano, al riscaldamento domestico generato da impianti termici a servizio di edifici ormai datati e poco efficienti dal punto di vista energetico. Possiamo sperare che nel 2020, che apre un nuovo decennio, si sviluppino realmente una sensibilità ed un’urgenza a livello europeo, con un indirizzo politico ed economico ben chiaro e comune a tutti gli stati?” – commenta Manuel Castoldi, Presidente di Rete IRENE.
Le parole di Ursula Von Der Leyen ci hanno sicuramente fatto sperare in una svolta a livello comunitario, ma purtroppo sono state affiancate e seguite da una COP25 disastrosa. Cosa dobbiamo pensare? Continueremo solo a sperare in un futuro che guardi con maggiore attenzione alla realtà dei dati climatici e ascolti le tante voci che ormai si stanno sempre di più alzando dalla comunità scientifica e dalle file ambientaliste o ci sarà davvero un patto condiviso e fattivo che ponga obiettivi precisi e programmi virtuosi?
Non vogliamo essere disfattisti e, nonostante le ultime evidenze emerse, auspichiamo davvero che il Green Deal europeo trovi forma e vita nei prossimi mesi e anni destinando, ci auguriamo, parte dei fondi anche alla riqualificazione energetica degli edifici, le cui emissioni concorrono in prima linea all’inquinamento dell’aria. Un patto che potrebbe far trovare pronta l’UE a settembre, quando sarà protagonista del Vertice Ue-Cina, con l’obiettivo di spingere la grande potenza a sottoscrivere un accordo ambizioso in vista della COP26 di Glasgow.