INQUINAMENTO DELL’ARIA IN LOMBARDIA: OLTRE GLI SLOGAN

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Inquinamento, smog, cambiamento climatico, capiamo una volta per tutte come agiscono e in quale intensità i numerosi agenti inquinanti in cui siamo immersi. Ne parliamo con Guido Lanzani – Responsabile della qualità dell’aria di Arpa Lombardia.

Italia e inquinamento: un tema tanto dibattuto che noi stessi abbiamo affrontato più volte, concentrandoci per lo più sul territorio di nostra attinenza (quello di Milano, della Lombardia e più in generale della Pianura Padana). Il tema è tornato prepotentemente alla ribalta a livello globale nel corso del 2019 grazie alla voce di Greta Thunberg e all’eco di opinioni, spesso contrastanti, espresse da suoi sostenitori o detrattori, ma si tratta in ogni caso di una tematica che riguarda ognuno di noi.

Questa volta, per fornire ai nostri lettori un approfondimento dal taglio differente, abbiamo scelto di confrontarci con un esperto in materia: Guido LanzaniResponsabile della qualità dell’aria di Arpa Lombardia, al fine di fare chiarezza una volta per tutte sui differenti agenti inquinanti che vanno ad alterare l’aria che respiriamo. Ovviamente il focus in questo caso è la regione Lombardia, con alcuni dati di dettaglio legati al capoluogo, Milano.

Dott. Lanzani, partiamo da una domanda generale: si sono visti dei miglioramenti nella qualità dell’aria registrata in Lombardia negli ultimi 10 anni?
Certamente. Se guardiamo ad uno spettro temporale così ampio possiamo notare dei netti miglioramenti. Basti pensare che a Milano siamo passati da più di 150 ioni di superamento del PM10 su base annua ad una variazione compresa tra i 70 e gli 80 giorni a seconda delle annate. Un risultato ottimo, ma che non deve farci perdere l’allerta e la propensione ad un continuo cambiamento. Se è vero che abbiamo fatto tanta strada in avanti, è altrettanto vero che ne dobbiamo fare ancora di più oggi e in futuro; la normativa parla chiaro: dobbiamo arrivare a non più di 35 giorni.

Volendo analizzare da un punto di vista tecnico gli agenti inquinanti presenti nell’aria che si respira in Lombardia, quali sono e come sono distribuiti?
Biossido di zolfo (SO2), Monossido di carbonio (CO), Benzene, Biossido di azoto (NO2), PM10 e PM2.5 (particolato con diametri inferiori ai 10 o 2,5 Micron), Ozono, Benzo(a)pirene (idrocarburo policiclico aromatico che si trova nel PM10 e nel PM2.5) e metalli sono i principali inquinanti su cui ci concentriamo nelle rilevazioni. Si tratta di quelli individuati dalla normativa italiana ed europea, basate su evidenze epidemiologiche e su sostanze cosiddette diffuse.

Andiamo ad analizzarli uno ad uno e a verificare come si distribuiscono nell’aria che si respira in Lombardia.

Prima di tutto vorrei porre l’attenzione su alcuni inquinanti che caratterizzavano la situazione negli anni passati:

BIOSSIDO DI ZOLFO (SO2)
Si tratta dell’inquinante più importante degli anni 50-70, legato alla presenza di zolfo nei combustibili industriali, nei carburanti per autotrazione e nel riscaldamento; è andato a diminuire man mano che lo zolfo è stato eliminato da tutti quei comparti. Oggi i valori sono centinaia di volte inferiori rispetto agli anni 70-80.

MONOSSIDO DI CARBONIO (CO) e BENZENE
Legati soprattutto alle combustioni delle automobili, sono stati neutralizzati quando sono stati inseriti i catalizzatori.

PIOMBO
Anch’esso è stato tolto dalla circolazione con la sua eliminazione all’interno della benzina rossa.

Passando invece all’analisi degli inquinanti ancora presenti nell’aria che respiriamo, troviamo:

BIOSSIDO DI AZOTO (NO2) – Da ricordare che la sigla NO2 si riferisce al parametro che si chiama genericamente NOX quando si parla di emissione
Emesso in gran parte dal trasporto su strada (diesel, tir a trasporto pesante e leggero). Oggi rispetto a questo valore, registriamo ancora superamenti per uno dei due parametri su cui si basa la sua analisi: la media annuale. Un eccesso che si registra soprattutto nelle zone dove l’emissione è più diretta (posizioni con traffico). A Milano il 70% di emissioni NOX è da traffico.

Per quanto riguarda il Biossido di Azoto registriamo un contributo anche dal settore industriale (centri di produzione di energia elettrica, vetrerie), ma visto il punto di emissione in genere in quota, questo contributo è meno rilevante a scala locale.

Il riscaldamento, sia per il settore civile che terziario, in questo caso dà un contributo percentuale limitato: 9% in Lombardia, 17% a Milano con, in questo caso, una suddivisione del 14,8% data dal metano, 2% dal gasolio e 0,2% dalla combustione di legna).

OZONO
Si tratta di un inquinante che si forma nell’atmosfera. Non è emesso da nessuna sorgente, ma deriva da una reazione che coinvolge gli ossidi di azoto e i composti organici volatili oltre che la radiazione solare: si tratta di un inquinante che si diffonde prettamente in estate (segno tangibile che non è derivato dal riscaldamento domestico)

PM10 e PM2.5
Entrambi si formano in parte nell’atmosfera e in parte vengono emessi come polveri sin dall’inizio. In quest’ultimo caso si parla di PM10/PM2.5 primario Se andiamo a vedere i numeri a tal proposito, per quanto riguarda il PM10 primario la prima sorgente in Lombardia è il macro-settore del riscaldamento (43%), dato in gran parte dalla combustione della legna di stufe e caminetti (più del 90% del contributo di questo comparto). Lo stesso discorso vale per il PM2.5 che registra più o meno lo stesso dato regionale (attorno al 50%).

Per quanto riguarda invece il PM10 secondario, l’origine è da cercarsi soprattutto nel biossido di azoto: in particolare traffico e nell’ammoniaca derivata dall’agricoltura.

Guardando specificatamente la situazione del PM10 primario nel capoluogo lombardo, il peso percentuale si inverte: in città deriva dal traffico che registra il 45%, contro il 5,3% registrato dalla legna da riscaldamento, l’1,6% dal gasolio e lo 0,7% dal metano.

BENZO(A)PIRENE
In questo caso siamo davanti ad un inquinante generato in primis da stufe e caminetti a legna, non a caso in Lombardia si superano i limiti in quelle zone dove si fa più uso di legna, vale a dire nelle aree di montagne e nel bacino della Brianza.


Si tratta dunque di un quadro estremamente articolato e complesso che tuttavia non trova un nemico numero 1 nel riscaldamento o nel traffico. Lei che chiave di lettura ci può fornire a riguardo?

Si sentono tante polemiche e dibattiti a riguardo. Nella città certamente è il traffico che dà il contributo prevalente, mentre se guardiamo alla situazione generale della Lombardia, è il riscaldamento a ricoprire un ruolo di protagonista.

Vi è una cosa che mi sento di sottolineare: al di là dei dati complessivi, che danno un quadro medio sulla regione o sulla città, se andiamo a guardare la microscala urbana, vecchi impianti di riscaldamento possono dare un contributo importante anche se limitato a piccole aree. Questi dati non si vedono certo sui numeri grandi, ma in piccoli contesti possono comunque fare la differenza, impattando fortemente sulla qualità dell’aria che si respira intorno al vecchio impianto.

Non dimentichiamoci inoltre che, al di là di questi inquinanti legati al qui e ora, vi è la questione del cambiamento climatico: la CO2, che si lega strettamente all’effetto serra, deriva per ¼ dal riscaldamento; per questo motivo ritengo che tutte le politiche che aiutano ad isolare e a non disperdere il calore negli edifici costituiscano un’ottima arma nella lotta ai gas climalteranti, oltre che nel contenimento di quelle realtà abitative che ancora oggi bruciano legno per produrre riscaldamento.

QUALITÀ DELL’ARIA IN LOMBARDIA _ ANNO 2019 _ FONTE ARPA LOMBARDIA

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