CAMBIAMENTO CLIMATICO: PAROLA AL GLACIOLOGO RICCARDO SCOTTI

cambiamento climatico

Chi meglio di un glaciologo può spiegare le conseguenze ambientali dovute al cambiamento climatico in atto?

Abbiamo deciso di intervistare Riccardo Scotti – Responsabile Scientifico del Servizio Glaciologico Lombardo e ricercatore dell’Università di Bologna per ricostruire grazie ad un punto di vista esterno e tecnico la situazione di cambiamento climatico che attualmente il nostro paese sta vivendo.

Spesso, soprattutto negli ultimi giorni, si parla di disastri ambientali dovuti al cambiamento climatico. Disastri che riguardano l’ambiente in cui viviamo in primis, ma che hanno ricadute negative anche sul nostro presente e futuro. I ghiacciai ci danno da questo punto di vista un ottimo punto di partenza per riflettere su come la natura sta alterando le sue forme a causa di questi cambiamenti: lavorando sul campo cosa ha potuto vedere in questi ultimi anni sulle montagne che ricoprono il suolo italiano e quali dati ha potuto rilevare?

I cambiamenti ambientali che osserviamo ogni anno frequentando l’alta quota alpina sono evidenti e clamorosi. Il ritiro dei ghiacciai ne è l’espressione più spettacolare ma anche altri aspetti come l’incremento dell’instabilità delle pareti rocciose e la risalita della vegetazione sono altrettanto significativi. I ghiacciai sono in fase di ritiro quasi ininterrotto da 160 anni (fine della Piccola Età Glaciale ed inizio dell’era industriale) ma quello che abbiamo osservato negli ultimi 30 anni è stata una drammatica accelerazione del fenomeno. La riduzione in termini di superficie dalla fine degli anni 80 è diventata fino a 6 volte più rapida rispetto al periodo precedente. Le estati caldissime provocano la fusione del ghiaccio che perde così fino a 5-6m di spessore nelle zone frontali con conseguente riduzione di area, volume e lunghezza dei ghiacciai. Il ritiro porta alla luce nuovi laghi ed ampie zone ricche di detriti “instabili”. Complessivamente nelle Alpi abbiamo già perso oltre il 60% dei ghiacciai di fine 800.

Immaginiamo si tratti di una situazione estendibile anche a livello mondiale, giusto?

Esattamente, non c’è alcuna catena montuosa sul pianeta dove i ghiacciai siano in avanzata (almeno oltre la singola annata positiva legata a fattori locali). Un risultato che non dovrebbe sorprendere visto che la loro salute dipende dal clima del pianeta che è in profondo mutamento ovunque. Il cambiamento climatico in corso agisce con intensità differente in diverse zone del pianeta (nelle Alpi per esempio le temperature sono aumentate il doppio rispetto alla media del pianeta) ma l’incremento delle temperature in atto è talmente significativo che sostanzialmente tutti i ghiacciai montani sono in crisi con una perdita di spessore media di circa 1m all’anno.

Possiamo quindi definire i ghiacciai come uno strumento a portata dei nostri occhi, attraverso cui possiamo attestare che il cambiamento climatico c’è, ed è evidente. Un cambiamento che sicuramente per il momento è un problema prettamente naturale, ma che con il tempo diventerà intrinseco alla quotidianità dell’uomo con rischi e pericoli anche per la sua sopravvivenza stessa

II ritiro dei ghiacciai nelle Alpi comporterà una serie di problematiche legate principalmente alla disponibilità di acqua, al turismo ed alla stabilità dei versanti. Al contempo l’osservazione e la sensibilizzazione su questa problematica deve servire per comprendere cosa sta accadendo ad una scala molto più ampia. Fra le innumerevoli problematiche connesse all’incremento delle temperature, sicuramente i ghiacciai giocano un ruolo fondamentale contribuendo, con la loro progressiva fusione, all’innalzamento del livello degli oceani. Questo fenomeno, oltre ad incrementare il potere distruttivo delle tempeste, causa erosione costale, allagamento delle zone lagunari, contaminazione degli acquiferi e perdita di habitat per animali e vegetazione ed interesserà milioni di persone che vivono lungo le coste del pianeta.</em0

ghacciai lobbia adamello mandrone 1900
ghacciai lobbia adamello mandrone 2018
Secondo gli studi effettuati scientificamente, da cosa è dovuta la scomparsa e/o arretramento dei ghiacciai? Il cambiamento climatico, in particolare il surriscaldamento, immaginiamo sia uno dei fattori più importanti a riguardo, dovuto a sua volta principalmente dalle emissioni di anidride carbonica nell’aria e dal gas serra.

Il bilancio di massa dei ghiacciai, ovvero il termometro del suo stato di salute, si misura alla fine dell’estate. Se la neve dell’inverno precedente sarà riuscita a conservarsi su almeno la metà della superficie del ghiacciaio il suo bilancio sarà in equilibrio se invece il ghiacciaio sarà privo di neve vecchia sicuramente il ghiacciaio avrà subito gravi perdite. Se ne deduce quindi che i ghiacciai dipendono essenzialmente da due fattori: il quantitativo di neve che si deposita sulla loro superficie nei mesi invernali (in genere nelle Alpi da ottobre fino a maggio) e dalle temperature nei mesi estivi. Le precipitazioni complessive non stanno cambiando sul lungo periodo, al contempo l’aumento delle temperature in tutte le stagioni sta facendo in modo che, anche sui ghiacciai siano sempre meno i giorni in cui nevica a discapito dei giorni in cui piove. Questo comporta quindi meno neve sui ghiacciai all’esordio dell’estate. Le temperature estive sempre più alte a causa delle frequenti incursioni dell’anticiclone subtropicale, concludono l’opera facendo sparire velocemente la neve residua ed intaccando successivamente la superficie del ghiacciaio non più protetta dalla neve. Si può così concludere che l’aumento delle temperature, legato oggi essenzialmente all’incremento dei gas serra, sia la causa di gran lunga preponderante del ritiro glaciale che osserviamo.

ghacciai fellaria occidentale bernina 1990
ghacciai fellaria occidentale bernina 2010
Sappiamo che sono tanti i comportamenti, macro e micro, che si potrebbero adottare a breve, medio e lungo termine al fine di limitare il surriscaldamento climatico e migliorare così l’impatto ambientale che la nostra vita ha sul Paese e, in generale, sul mondo.

Noi di Rete IRENE abbiamo più volte evidenziato come la presenza sul nostro territorio di un patrimonio edilizio costituito da un rilevante numero di edifici vetusti, energivori e quindi imputati di consistenti emissioni in atmosfera rappresenti uno tra questi fattori.

Come Servizio Glaciologico Lombardo, vi è mai capitato prima d’ora di essere interpellati da istituzioni o realtà legate al mondo dell’edilizia e dell’ambiente al fine di elaborare studi e/o casistiche su questo importante tema?

Credo sia la prima volta. Le attività del Servizio Glaciologico Lombardo si sono concentrate in passato principalmente sul monitoraggio, attività che comporta, per una associazione di volontari come la nostra, un enorme impegno organizzativo ed operativo. I dati che raccogliamo e che cerchiamo di divulgare il più possibile sono a disposizione di chiunque ne faccia richiesta. Vista la sempre maggiore attualità delle problematiche legate al cambiamento climatico siamo certi che in futuro diventeranno sempre più valorizzati in diversi ambiti compreso quello dell’edilizia.


CHI E’ RICCARDO SCOTTI
Valtellinese classe 1980, si occupa di geomorfologia e glaciologia come ricercatore presso l’Università di Bologna ed è operatore e responsabile scientifico del Servizio Glaciologico Lombardo. Da sempre ha posto nella sua attività di ricerca una grande attenzione alla divulgazione con la partecipazione a documentari, servizi televisivi e conferenze su ghiacciai e cambiamenti climatici.

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