Esiste una relazione tra Coronavirus e inquinamento? Il blocco delle automobili e la riduzione delle attività produttive hanno portato un miglioramento della qualità dell’aria? Cambierà qualcosa con lo spegnimento degli impianti termici residenziali? Analizziamo la situazione attuale sulle base dei dati rilevati da ARPA Lombardia.
In queste settimane ne abbiamo sentite e lette di ogni sulla relazione tra il numero di infetti di Coronavirus e inquinamento atmosferico: l’ipotesi che la letalità del Covid-19 fosse facilitata da alti tassi di inquinamento atmosferico; il virus visto quasi come un karma arrivato per punirci di tutte le malefatte nei confronti dell’ambiente; solo qualche giorno fa uno studio condotto dai ricercatori della TH Chan School of Public Health dell’Università di Harvard (condotto negli Stati Uniti) ha riportato che livelli più elevati di PM2.5 contribuiscono a veicolare maggiormente il virus e sono quindi associati a tassi di mortalità più alti, causati dalla malattia… studio peraltro smentito da altre ricerche e via dicendo.
Insomma, il dibattito Coronavirus e inquinamento è sicuramente aperto e ci auguriamo, senza dubbio, che con il passare del tempo potremo avere un quadro generale oggettivo e condiviso in merito ad un’eventuale correlazione virus-ambiente.
L’aspetto su cui tuttavia intendiamo soffermarci, nel contesto delle conseguenze provocate dal rapporto coronavirus e inquinamento e sulla base di elementi oggettivi rilevati, è quale sia stato l’andamento delle emissioni nocive nell’aria nelle ultime settimane a seguito delle drastiche limitazioni imposte alla circolazione del traffico veicolare e alla pesante riduzione delle attività lavorative.
Per farlo ci siamo affidati al report elaborato da ARPA Lombardia, certamente “limitato” su scala regionale ma che può tuttavia fornirci un quadro interessante e uno spunto di riflessione, con la promessa di analizzare di nuovo la situazione tra alcune settimane, quando i dati a disposizione saranno maggiori e terranno anche conto dell’odierna fermata degli impianti di riscaldamento domestico e delle relative emissioni.
L’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente ha reso noti i risultati di uno studio condotto insieme a Regione Lombardia che mira ad analizzare la variazione dei fattori di pressione e l’andamento dati di qualità dell’aria generato dalla misure di restrizione introdotte per far fronte all’emergenza sanitaria in corso (blocco drastico del traffico veicolare, chiusura di un grande numero di aziende, persone confinate in casa e attività agricole che non hanno subito variazioni).
La doverosa premessa, come ha correttamente messo in evidenza ARPA Lombardia, è che la qualità dell’aria rilevata, e quindi la presenza di inquinanti in atmosfera, è strettamente correlata ad una molteplicità di fattori tali da influenzare, in modo a volte considerevole, i dati misurati.
Non dobbiamo dimenticare che l’analisi di tali valori deve tener conto di fattori primari e secondari: le emissioni sono sicuramente una delle cause, ma essa è influenzata anche dalle variazioni delle condizioni meteo climatiche che possono determinare diffusione, diluizione, dispersione, trasporto e accumulo degli inquinanti, così come fenomeni chimico-fisici che avvengono in atmosfera determinando meccanismi di formazione, trasformazione e persistenza delle sostanze presenti in aria. il periodo dell’anno poi, Marzo, non è particolarmente significativo in termini di valori massimi nelle concentrazioni: per questo motivo i valori rilevati sono stati confrontati con gli andamenti medi stagionali dell’ultimo decennio e dello stesso periodo dello scorso anno.
Certamente, dando uno sguardo ai grafici pubblicati, si nota una riduzione delle emissioni in senso lato: in particolare per NO, NO2 e benzene, emissioni strettamente correlate con il traffico veicolare, in alcuni momenti ci si è avvicinati ai minimi storici registrati tra il 2011 e il 2019, talvolta anche qualcosa di meno.
Fatte però tutte le premesse di cui si è detto e con tutte le cautele del caso, è innegabile notare che, nonostante il blocco pressoché totale e perdurante del traffico veicolare privato, gli inquinanti più specificamente imputabili allo spostamento delle auto non siano affatto crollati al di sotto dei valori minimi decennali, rilevati peraltro in condizioni “normali” di traffico, come invece era ragionevole aspettarsi.
Inoltre, come sottolineato da Arpa: “La variazione osservata delle concentrazioni degli inquinanti nel mese di marzo rispetto al mese di febbraio non può pertanto essere attribuita esclusivamente alla riduzione delle emissioni da traffico. Il trend di generale riduzione delle concentrazioni degli inquinanti che si sta osservando in questo periodo deve essere attribuito, in proporzioni non quantificabili e comunque dipendenti dalle singole giornate e dal singolo inquinante, alla globalità dei seguenti 3 fattori: riduzione delle emissioni (in particolare dal settore trasporti), variazione delle condizioni meteoclimatiche (sempre meno favorevoli all’accumulo in questo periodo dell’anno) e condizioni ambientali che influiscono sulle reazioni chimico-fisiche in cui sono coinvolti gli inquinanti“.
Continuiamo nella valutazione dei dati sulla qualità dell’aria oggettivamente rilevati e riportiamo, di seguito, alcuni grafici del citato documento “Analisi preliminare della qualità dell’aria in Lombardia durante l’emergenza COVID-19” per cercare di analizzare meglio la situazione.
Restrizioni per emergenza Coronavirus e inquinamento atmosferico: cosa è successo.
Le stime delle variazioni dei flussi di traffico sono state estratte dal database Move-In di Regione Lombardia analizzando i dati riferiti a circa 10500 veicoli aderenti al progetto. Dei veicoli considerati, circa 8000 sono autovetture e 2500 sono veicoli commerciali leggeri.
In questa figura sono riportati i dati di percorrenza delle autovetture in alcune autostrade mettendo a confronto il periodo del lockdown con quello relativo al 3-23 febbraio. Si osserva una riduzione di circa il 90%.
In questo grafico sono esposti i dati di PM10 registrati a Milano nel periodo interessato dall’emergenza COVID-19 a confronto con lo stesso periodo del 2019. Sono inoltre presentati giorno per giorno il valore massimo ed il minimo registrati nel periodo 2011-2019.
Si nota, in modo evidente, che l’andamento del PM10 nel periodo lockdown, con una riduzione massiva delle automobili in circolazione, non è però inferiore alla linea di riferimento delle concentrazioni minime 2011-2019, anzi: i valori rilevati non si discostano significativamente da quelli dello scorso anno, che risultano a volte traslati, a volte addirittura inferiori, a quelli dello scorso mese.
Altro dato significativo è quello relativo alla giornata del 25 febbraio sulle concentrazioni rilevate a Lodi e in provincia, con un massimo di 82 g/m3 registrato a Codogno, allora in piena zona rossa, con concentrazioni superiori a quelle delle stazioni di rilevamento circostanti, dove non erano state ancora attuate limitazioni.
I dati raccolti rappresentano come l’annullamento quasi totale del traffico veicolare non ha portato ad una altrettanto significativa diminuzione delle emissioni in atmosfera.
Concordiamo pienamente, e lo ripetiamo, che i fattori da valutare sono molti, ma questi numeri confermano che il problema principale non è il traffico veicolare e che è inutile percorrere esclusivamente politiche limitative all’uso delle automobili.
In pieno lockdown con industrie, aziende, attività chiuse e con la maggior parte delle persone che è stata costretta a stare nelle proprie abitazioni, le emissioni atmosferiche si sono certamente attenuate, ma l’unica (o quasi) fonte di emissioni rimasta, gli impianti termici per il riscaldamento, hanno confermato il loro significativo contributo ai livelli importanti di inquinamento in atmosfera ancora misurabili.
Infatti il PM10 e PM2.5 rilevati (che indicano in maniera evidente la stagionalità di questi inquinanti, registrando valori più elevati nei mesi più freddi dell’anno), sono sì collocati nella fascia bassa della variabilità del periodo ma, a tal proposito, non dobbiamo dimenticarci che il primo trimestre del 2020 ha registrato temperature medie giornaliere superiori alle medie caratteristiche del periodo.
Da un lato, e lo ripetiamo, la cautela in questo tipo di analisi è necessario presupposto per una corretta valutazione dei dati; gli stessi dovranno poi certamente continuare ad essere rilevati per consentire una più appropriata base temporale di riferimento: il fatto inoltre che proprio in questi giorni (15 Aprile) si fermino gli impianti di riscaldamento potrà portare ad una ulteriore discriminante nelle valutazioni dei dati raccolti.
Dall’altro, in conclusione, ci sentiamo di prendere le distanze da coloro che già oggi gridano vittoria guardando al rapporto blocco traffico/riduzione inquinanti, perché la realtà dei fatti, e dei dati, ci parla di una situazione molto più complessa e di un rapporto condizionato da innumerevoli fattori ambientali e non, che potranno essere analizzati con correttezza e cognizione di causa solo sul lungo periodo.
Se sei interessato ad approfondire il rapporto specifico tra inquinanti e ambiente, leggi l’intervista realizzata a Guido Lanzani – Responsabile della qualità dell’aria di Arpa Lombardia.