Sull’approvazione al Parlamento Europeo della Direttiva EPBD si è abbondantemente detto di tutto. A seguito del voto contrario dell’Italia alla Direttiva, e della famosa dichiarazione del “Chi paga”, in rete si è creata un’atmosfera quasi da derby calcistico con le diverse fazioni.
Mi preme affrontare 3 argomenti che potrebbero essere utili a fare chiarezza e a portare il dibattito su un piano costruttivo:
1 – La convinzione diffusa che il “Chi Paga” sia rivolto ai cittadini
2 – Il motivo che ha portato Francia, Portogallo e Spagna a votare SI
3 – Il tema della rivalutazione o svalutazione dell’immobile.
1 – La convinzione diffusa che il “Chi Paga” sia rivolto ai cittadini
Fondamentale per la grande confusione mediatica che si è creata: La Direttiva EPBD non indica mai nella persona del cittadino colui che deve eseguire il raggiungimento degli standard definiti, ma si rivolge sempre ed indica quali responsabili “gli Stati Membri”.
Riportiamo nel seguente documento alcuni estratti del testo Consolidato dal Parlamento Europeo.
Gli stati membri hanno 2 anni per mettere appunto un piano di ristrutturazione profonda degli edifici, privilegiando quelli più energivori e mettendo a disposizione incentivi fiscali a sostegno dei cittadini.
La Direttiva EPBD mira ad avere edifici più efficienti per ridurre i consumi e le emissioni nocive in atmosfera, una risposta concreta ai numeri documentati da studi ed elaborati referenziati, che esprimono la necessità sociale ed economica di avviare un percorso verso il Green Deal:
– Il 75% degli edifici italiani è inefficiente energeticamente
– Nel 2022 la quota di importazioni nette di energia da Paese estero è aumentata fino al 79,7%
– Secondo i dati Copernicus, nel gennaio 2024, in Pianura Padana sono stati superati in più occasioni i valori critici di concentrazioni di particolato fine e grossolano in aria
Al “Chi paga” e al grande tam tam che ne è conseguito, mi permetto di rispondere con dati certificati dal MASE – LA SITUAZIONE ENERGETICA NAZIONALE NEL 2022
Nel 2022 le famiglie italiane hanno consumato 47.925 Ktep di energia, il 2,7% in meno rispetto all’anno precedente, mentre la spesa sostenuta per il suo acquisto, pari a 113,5 miliardi di euro, è aumentata del +49,9%. Il 60% dell’energia usata è per usi domestici e il restante 40% per trasporto privato. In termini monetari, il 62% della spesa energetica è per uso domestico e la rimanente parte per il trasporto.
È vero che il 2022 è stato un anno nel quale la situazione internazionale ha provocato dei rincari mai visti al costo dell’energia, ma pone l’attenzione su un altro problema Nazionale: la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti e la forte esposizione alla volatilità degli eventi internazionali.
Ripartendo dalla domanda “Chi paga” mi sento di rispondere “Chi paga le bollette degli Italiani”?
Punto 2 – Il motivo che ha portato Francia, Portogallo e Spagna a votare SI
Si narra che l’Italia è il Paese più svantaggiato dalla Direttiva EPBD perché possiede il più alto numero di proprietari di casa. In realtà non è così: la percentuale di proprietari di case è pari al 73,7%, allineata ad una media UE del 70%. La Spagna ha il 75,8%, il Portogallo 78,3% e la Francia 64,7%.
Come mai Spagna, Portogallo e Francia, Paesi del sud Europa con caratteristiche simili al nostro contesto territoriale, climatico, sociale hanno votato SI alla Direttiva Europea “Case Green”, mentre l’Italia ha votato NO? Non parliamo di Paesi del Nord Europa dove sono state costruite case con criteri di efficienza già dai primi anni 90.
A questa domanda pur con qualche difficoltà provo a rispondere: onestamente credo che sia proprio una questione di responsabilità e di coerenza degli altri Paesi Europei nel portare avanti una visione strategica volta alla decarbonizzazione degli edifici. Una visione strategica verso una sostenibilità necessaria e che mantiene fede agli accordi presi dalla Comunità Europea.
Una visione che in questo momento non sembra appartenere all’Italia e all’Ungheria: le uniche ad aver votato in modo negativo. Una scelta forse più politica dettata da logiche temporali che una vera presa di posizione ideologica viste le dichiarazioni ed i programmi introdotti nel PNIEC: è forse più semplice, o comodo sotto il profilo elettorale, gettare la discussione in un ambito da derby calcistico rispetto ad affrontare un tema di strategia e di visione di lungo periodo?
Punto 3 – Il tema della rivalutazione o svalutazione dell’immobile
Ultimo ma non per importanza, è la questione patrimonio immobiliare degli italiani. Altro grande tam tam in rete è “la Direttiva EPBD fa svalutare la casa degli italiani”. Anche in questo caso rispondiamo con un altro dato assodato, grazie ad uno dei principi base dell’economia: “la crescita economica richiede un ammontare di investimento che sia superiore al deprezzamento o all’obsolescenza del capitale esistente” Treccani, Enciclopedia delle scienze sociali.
Gli incentivi permettono gli investimenti necessari allo sviluppo di un settore. Questo settore permette un indotto tale da avviare un processo virtuoso e conseguire lo sviluppo economico di un Paese che, nel caso della riqualificazione energetica degli edifici esistenti, non può essere delocalizzato.
L’Italia dagli anni 50 ha vissuto un boom economico trascinato anche dall’edilizia, circa il 70 % degli edifici è stato costruito prima del 1980. È sicuramente tempo di rinnovare questi edifici e renderli più efficienti.
La rivalutazione economica di un immobile è proporzionale alla classe energetica e al comfort abitativo che riesce a garantire, non solo come abitazione principale, ma anche quale fonte di investimento da porre in locazione.
Queste caratteristiche non devono essere viste come un male da estirpare, ma come una fonte lungimirante di investimento.
A prescindere da questi 3 punti per me fondamentali e poco dibattuti, chiudo con un aspetto che fortunatamente scienziati e meteorologi internazionale continuano a spiegare: la fragilità dell’ecosistema che ci ospita, i cambiamenti climatici repentini e l’urgenza di adottare stili di vita sostenibile.
Non possiamo permetterci di affrontare il tema ambientale con la leggerezza dell’opinione, dobbiamo seguire le linee guida internazionali che portano ad un vero Green Deal globale. In questo momento l’atteggiamento da tenere è la responsabilità delle azioni che possa garantire un futuro, quella responsabilità dimostrata dagli altri Stati membri che hanno votato SI alla Direttiva EPBD “Case Green”.
Manuel Castoldi, Presidente di Rete Irene