Dopo le prime conferme sull’estensione dell’Ecobonus per tutto il 2017, gli operatori del settore della riqualificazione energetica degli edifici si chiedono se oltre alla proroga sono previste nuove regole che rendano il contesto normativo meno ostile agli investimenti, per far sì che anche in Italia la deep renovation possa diventare una realtà ed essere di stimolo per l’economia come già accade in altri paesi europei.
Per aiutarci a rispondere a questo quesito ci siamo rivolti a Virginio Trivella, Coordinatore del Comitato scientifico di Rete Irene, da tempo impegnato tramite Renovate Italy in azioni propositive nei confronti del mondo istituzionale, per stimolare lo sviluppo di un mercato vasto e articolato quale dovrebbe essere quello della riqualificazione profonda degli edifici.
Dott. Trivella la notizia del rinnovo dell’Ecobonus sembra aver portato del buonumore nel settore, ma è davvero una novità così positiva per la riqualificazione energetica in Italia?
Sull’efficacia dell’Ecobonus si stanno finalmente diffondendo i dubbi che, a rischio di essere noiosi, continuiamo a ripetere. Se non ci si limita a una visione superficiale della situazione ma si vanno ad analizzare i numeri nel profondo, è chiaro che uno strumento come questo non è sufficiente a cambiare in misura significativa le caratteristiche energetiche degli edifici. I dati parlano chiaro: l’ecobonus finora ha aiutato la sostituzione delle caldaie e dei serramenti di singoli appartamenti. L’isolamento di facciate e coperture è l’eccezione e ha riguardato meno del 5% in valore di tutti gli interventi incentivati. L’integrazione, poi, è assolutamente sconosciuta. Ormai è chiaro che questo meccanismo più di tanto non è in grado di fare. L’ecobonus ha fallito con le riqualificazioni profonde ed è inutile pensare che limitarsi a prorogarlo possa aiutare lo sviluppo.
Suggerisce dunque un approccio diverso al tema della deep renovation?
Sicuramente. Credo che per realizzare un vero, duraturo e profittevole cambiamento sia necessaria una vera mutazione, con un nuovo sistema di regole. La vera novità sembra essere che oggi, il Governo, questo cambiamento lo voglia mettere in campo.
In che direzione bisognerebbe andare?
Il mio parere è che l’ecobonus non funziona affatto per le riqualificazioni estese e profonde. Gli interventi di questo tipo che oggi si fanno sono una frazione irrisoria del potenziale e, per di più, subiscono la concorrenza sleale e deleteria della detrazione al 50%. La presenza dei nuovi obblighi di isolamento particolarmente severi induce la gente a fare carte false per evitarli, ricorrendo ad alcuni trucchi resi possibili dall’assenza di controlli. Si fa un intervento peggiore, attirati dal risparmio immediato, e si gode di un ricco premio. E’ evidente che qualcosa vada cambiato.
Le nostra proposta, che abbiamo suggerito al Ministero, va quindi nella direzione di opporsi a queste pratiche attraverso un nuovo incentivo che, semplicemente, le renda non convenienti e affronti alla radice i problemi dell’incapienza e dell’anticipazione delle risorse. Uno dei requisiti irrinunciabili presenti in questa proposta è la certezza del meccanismo.
Concretamente?
Il modello d’incentivazione attuale basato sulla detrazione fiscale difficilmente potrà essere cambiato, per motivi di bilancio pubblico, ma così com’è non affronta alla radice i problemi che impediscono ai condomini di deliberare gli investimenti. Un incentivo che non dà la certezza di poter essere fruito non aiuta a creare il consenso sulle decisioni assembleari. E’ necessario che il meccanismo sia in grado di assicurare certezza al contributo sia per gli incapienti fiscali attuali che per quelli futuri. La certezza della disponibilità delle risorse consentirebbe di organizzare meccanismi finanziari particolarmente efficienti e convenienti, riducendo il costo delle operazioni.
Ritiene che sostituire al meccanismo della detrazione quello dell’offerta di una somma liquida potrebbe essere di stimolo maggiore per i destinatari?
Certo, ma lo Stato non è in grado di farlo. Spesso i destinatari degli incentivi non sono in condizioni di utilizzarli perché non dispongono delle risorse necessarie per affrontare gli interventi di ristrutturazione e l’essere in condominio rende tutto più complicato. Oggi le banche sono più disponibili che in passato a finanziare i condomini. Rete Irene, per esempio, ha alcune convenzioni molto interessanti. Ma se il contributo dello Stato potesse essere trasformato in una somma liquida e certa, i processi decisionali e i finanziamenti sarebbero di gran lunga semplificati e gli interventi di riqualificazione di moltiplicherebbero. Un conto è indebitarsi per 100, un’altro per 35, soprattutto se il 35 rientra con il risparmio ed è garantito da un buon contratto di prestazione energetica.
Crede che un’evoluzione del mercato della deep renovation passi anche dall’adozione di un’ottica integrata?
E’ insito nel concetto di deep renovation: agire su tutte le componenti dell’involucro e degli impianti che presentano ampi margini di miglioramento. Per questo abbiamo suggerito di creare le condizioni per alimentare un reale interesse ad intervenire non solo sulle parti comuni dei condomini, ma anche su quelle private, come i serramenti. Bisogna indurre i singoli a collaborare con il soggetto collettivo condominiale. L’interesse di uno deve corrispondere a quello di tutti.
In questi giorni al tema della riqualificazione energetica è stato affiancato quello della vulnerabilità sismica, cosa ne pensa in proposito?
Favorire incentivi complementari e armonizzati che prevedano accanto ad interventi di riqualificazione energetica anche opere per la riduzione della vulnerabilità sismica è un’opzione interessante da percorrere.
Ma il Paese si può permettere un impegno così gravoso?
Ne siamo assolutamente convinti. Bisogna considerare che la riqualificazione energetica profonda è una cosa che oggi non fa quasi nessuno, né con fattura né in nero. Quindi possiamo essere certi che se il Sistema Paese investe risorse pubbliche a condizione che siano spese in deep renovation (con fattura e qualche controllo di qualità), ci sarà un incremento di occupazione, PIL, basi imponibili di ogni sorta, imposte dirette e indirette, soldi in tasca alla gente, consumi, e poi ancora investimenti, altra occupazione, altro PIL, altre ecc ecc. E’ noto che 1 euro investito in edilizia ne genera più di 2 in PIL. Questo consente allo Stato di coprire l’investimento iniziale in breve tempo. Con l’ulteriore vantaggio della riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti che, se lasciata al mercato, non si realizzerà mai. E poi, un meccanismo così non parte dall’oggi al domani. Fondamentale sarà la sensibilizzazione e l’informazione per cambiare il sentire comune che, in tempi di crisi, sia preferibile il risparmio immediato a quello futuro. Ci vorrà tempo e impegno, e nel frattempo il meccanismo potrà essere regolato.
In conclusione?
Come coordinatore scientifico di Rete IRENE e membro attivo di Renovate Italy credo fermamente che lo sviluppo di un vasto mercato della deep renovation sia un bene per tutti e presenti molteplici vantaggi. Un nuovo meccanismo di incentivi ben congegnato potrà indurre un reale cambiamento. I tempi sono maturi, ora occorre solo agire.