Il Ministero dello Sviluppo Economico è impegnato a riordinare gli incentivi. In questo approfondimento, le osservazioni di Rete IRENE alla Strategia Energetica Nazionale.
Il Ministero dello Sviluppo Economico, in connessione con il Ministero dell’Economia, si accinge a predisporre una proposta di riordino dei meccanismi di incentivazione vigenti nel settore edilizio, con particolare attenzione all’ecobonus. Se la finalità, come è stato dichiarato, è di migliorare l’efficacia della policy di stimolo, non possiamo che accogliere con favore l’iniziativa.
Recentemente Rete IRENE ha partecipato alla consultazione sulla nuova Strategia Energetica Nazionale con un documento di osservazioni focalizzato sulla riqualificazione del patrimonio edilizio, nel quale si suggerisce di affidare alla deep renovation un ruolo più ambizioso rispetto a quello prospettato dai tecnici del Ministero e più coerente con le potenzialità ancora non espresse dal settore. Data la loro importanza per il raggiungimento di obiettivi ambiziosi, abbiamo rimarcato che anche lo stesso processo di ottimizzazione degli incentivi risulta strategico e deve essere percorso senza errori.
La mancanza di una chiara definizione degli obiettivi, unita all’incompletezza e incoerenza degli strumenti di incentivazione, sono i principali difetti che hanno confinato l’ecobonus, nel suo primo decennio di esistenza, in un ambito assai più circoscritto rispetto alle sue potenzialità di contribuzione allo sviluppo economico e sociale del Paese.
È utile ricordare i numerosi benefici che potrebbero essere colti attraverso un vasto piano di lungo periodo per la riqualificazione non solo energetica del patrimonio immobiliare, in termini di sviluppo dell’occupazione, miglioramento delle condizioni ambientali, sanitarie, di sicurezza e sociali, oltre a un possibile posizionamento internazionale di spicco dell’industria italiana del retrofit degli edifici.
Considerata la trasversalità dei motivi di interesse e la dimensione di un piano che si mostra potenzialmente di entità straordinariamente vasta, abbiamo sottolineato che, ancor prima di individuare i più consoni dettagli tecnici di un più efficace strumento di incentivazione, è necessario focalizzare l’attenzione sul costo della policy e sulle risorse necessarie.
Si è giustamente posto il problema della verifica della sostenibilità, per il bilancio pubblico, di incentivi che hanno raggiunto livelli di intensità molto elevati (fino al 75% per l’ecobonus, fino all’85% per il sismabonus) con valutazioni discordanti.
Mentre i periodici rapporti del CRESME mostrano per il bilancio pubblico un saldo positivo della policy, e a una conclusione analoga perviene anche una recente pubblicazione dell’ENEA, secondo uno studio dell’Agenzia delle entrate le attività indotte dall’incentivazione genererebbero maggiori imposte in misura inferiore a quelle a cui lo Stato rinuncia concedendo gli incentivi. Questa conclusione giustificherebbe la cautela sistematicamente mostrata dal Ministero dell’Economia a fronte di proposte di stabilizzazione o di potenziamento degli strumenti di stimolo, finalizzate a migliorarne l’efficacia e a moltiplicare il ricorso agli incentivi.
Bisogna però sottolineare che le conclusioni dell’Agenzia delle entrate, che si basano esclusivamente sui dati riguardanti gli interventi di ristrutturazione edilizia, non si mostrano adeguate a valutare il costo della policy di stimolo dedicata alla riqualificazione energetica.
Ben diverse sono le conclusioni a cui si potrebbe giungere analizzando i dati relativi alle riqualificazioni energetiche attivate dallo specifico strumento di incentivazione, soprattutto qualora si attuassero quei miglioramenti necessari per superare le barriere ancora esistenti.
In questo caso l’addizionalità fiscale sarebbe massima (grazie alla maggiore intensità delle detrazioni) e, soprattutto, l’addizionalità economica si mostrerebbe di gran lunga maggiore, grazie alla sua capacità di attivare gli interventi aggiuntivi che oggi per vari motivi non si realizzano.
Data l’entità abbastanza modesta del gap tra l’addizionalità riscontrata dall’Agenzia delle entrate per le riqualificazioni edilizie e quella che consentirebbe di rendere positivo il saldo economico della policy, si può ritenere che già l’attuale configurazione degli incentivi per la riqualificazione energetica sia tale da assicurarne un saldo positivo (grazie alla maggiore intensità e ai meccanismi di cessione delle detrazioni recentemente introdotti).
Perfezionamenti aggiuntivi del meccanismo ne migliorerebbero ulteriormente l’addizionalità economica, rafforzando la capacità della policy di autosostenersi e rendendo superflui i criteri cautelativi fin qui adottati dal Ministero dell’economia.
Fatte queste considerazioni preliminari che, se condivise, consentono di allentare l’attenzione sul costo dei singoli interventi (che pare motivare le maggiori preoccupazioni degli estensori della proposta di riordino), abbiamo ritenuto opportuno sottolineare che l’obiettivo del perfezionamento del sistema di incentivazione dovrebbe essere, almeno in una prima fase, non tanto la minimizzazione del rapporto costo-efficacia, quanto la massimizzazione della capacità di stimolo.
Nell’attuale acerba fase di mercato, in cui la riqualificazione profonda degli edifici è estranea alle prassi manutentive e i consumatori tendono a dare maggior peso ai risparmi attuali piuttosto che a eventuali risparmi futuri, criteri eccessivamente stringenti o di complessa applicazione (come alcuni di quelli che sembra si vogliano introdurre) rischiano di introdurre ulteriori ostacoli, soprattutto in un ambito difficile come quello condominiale, con la conseguenza di restringere ulteriormente le attività che il mercato si mostra propenso a realizzare, piuttosto che di attivare un virtuoso percorso di trasformazione e crescita.
Dovrebbero invece essere adottati i provvedimenti in grado di abbattere le barriere che ancora ostacolano le decisioni di investimento, che non hanno solo natura economica (l’intensità dell’incentivo è già sufficientemente elevata) ma soprattutto di altro tipo. Tra le priorità abbiamo indicato la rimozione degli ostacoli finanziari e il corretto indirizzamento delle scelte dei cittadini verso gli interventi di deep renovation, anche per fasi condotte nell’ordine temporale corretto.
Tra gli strumenti che riteniamo adeguati, abbiamo evidenziato:
- l’organica connessione dei soggetti finanziari nel meccanismo delle cessioni, rimuovendo i limiti soggettivi ancora vigenti
- l’introduzione di un meccanismo di garanzia pubblica a favore degli investitori
- la rimozione di alcune barriere tecniche causate dall’attuale normativa sui requisiti minimi
- una marcata differenziazione delle caratteristiche dei diversi strumenti di incentivazione
- un intelligente collegamento con la fiscalità locale
- un adeguato sistema di controlli che assicuri la massimizzazione del ricorso alle “finestre di opportunità”.
A una prima fase di sviluppo, che avrebbe la finalità di innescare un vasto processo di profonda trasformazione del patrimonio edificato nazionale, potrebbe seguirne una di consolidamento, nel medio periodo, con l’introduzione di criteri di efficientamento obbligatorio in connessione a momenti chiave e con la revisione dei criteri di accesso agli incentivi, in un’ottica di ottimizzazione dell’allocazione delle risorse. Non prima, però, che la riqualificazione energetica sia diventata una prassi socialmente accettata.
Riflessione a cura di Virginio Trivella – Coordinatore del Comitato tecnico scientifico